Leonforte

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Leonforte si estende lungo il pendio di una collina ed ha un'altezza che va dai a 600 metri s.l.m. Per  l'abbondanza delle acque nella zona, nel periodo  Bizantino, e in seguito quello Arabo,  furono costruiti fatti ottimi sistemi  per l'irrigazione delle colture e furono creati numerosi  mulini. Nel 1610 Nicolò Placido Branciforti sfruttanto le potenzialità del territorio fondò la  città di Leonforte.


Granfonte (Fontana dei 24 Cannoli)

Abbeveratoio monumentale costruito dal 1649 al 1652 è noto localmente come «Vintiquattru cannola», per via delle ventiquattro cannelle da cui fuoriesce acqua copiosa  che si versa nella vasca sottostante. Un cronista del Settecento scrive che la Granfonte è stata copiata  su una fontana di Amsterdam, l'opera è attribuibile al noto architetto palermitano M. Smiriglio, che si rifà a numerose incisioni di artisti fiamminghi.

Già dal pomeriggio del 18, e per tutta la notte fino alle prime luci dell'alba, una moltitudine di gruppi festosi si riversa per le antiche strade di Leonforte impegnata a girari l'artara, un lungo peregrinare alla ricerca degli altari, individuati da inequivocabile segnaletica: un tempo una semplice scatola di scarpe foderata di carta velina rossa illuminata dall'interno così da potersi leggere, ritagliato sul coperchio, l'acronimo: W S.G. (Viva San Giuseppe), oggi magari sostituita da una più pretenziosa stella punteggiata di numerose luci.Gli altari o tavolate sono realizzate da chi ha "fatto voto" e consistono in una grande tavola imbandita oltre che di pane lavorato in particolarissime fogge (le "cuddure") anche dei più disparati alimenti, primizie, bevande, dolciumi. Il pane è sicuramente l'elemento fondamentale dell'altare, ed agli inizi doveva di certo rappresentare la ragion d'essere dell'altare stesso per il significato atavico che vi si attribuiva di  "Grazia di Dio".

Questi enormi pani che troneggiano sulle tavolate, vengono confezionati con squisita arte dalle massaie del vicinato e rappresentano vere e proprie sculture riproducenti santi o istoriati con fregi e motivi vegetali. La preparazione dell'altare, appunto, richiede l'apporto e lo sforzo dell'intero vicinato (S. Giuseppi voli traficu: S. Giuseppe esige un estenuante lavoro)  oltre che per la lavorazione del pane, anche per l'approntamento delle varie frittate di cardi e finocchi, di sfingi, fave, ceci bolliti, ecc., non tutta roba che andrà a finire sull'altare, bensì distribuita alle centinaia di visitatori durante la lunga veglia del 18.L'altare viene concluso dal "cielo", ovvero da un drappeggio di veli da sposa disposti ad arte come un baldacchino, e da una immagine del Santo posta, tra i veli, proprio di fronte.





Palazzo Branciforti

Costruito nei primi decenni del 1600, il Palazzo fu la dimora del Principe fondatore Nicoló Placido Branciforti e della sua famiglia sino al 1850, quando l’ottavo ed ultimo Principe, Giuseppe Branciforti, lasciava per sempre la città per trasferirsi definitivamente a Parigi. Lavorarono alla sua realizzazione maestranze romane e palermitane sotto la direzione di tre capomastri ennesi: Gianguzzo, lo stesso che curò la Piazza antistante, Inglese e Calì.


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